Ripetizione per il compito di Italiano

Domani ci sarà il compito di Italiano ed io vi riporto di seguito gli argomenti da ripassare.

La punteggiatura

Il sistema di comunicazione verbale si avvale di diversi strumenti affinché l’interazione tra gli interlocutori sia efficace. Parliamo dell’insieme di simboli e parole che, affiancati ad una valida comunicazione non verbale (gesti ed espressioni facciali), portano a compimento lo scambio relazionale. Ma, mentre con la gestualità riusciamo ad abbattere le barriere linguistiche perché non legati strettamente alla sfera semantica della comunicazione, con il verbale non possiamo prescindere da accorgimenti convenzionali, al fine di una trasmissione comprensibile.

A tal proposito, come per la comunicazione vocale moduliamo i toni, disponiamo di un insieme di simboli grafici per la lingua scritta, la punteggiatura, composta da:

punto (.), pausa lunga usata per identificare la conclusione di un pensiero, per separare due periodi differenti. Anche per abbreviazioni (Signora/Sig.ra);

virgola (,), pausa breve, usata per: separare una frase subordinata dalla principale, mettere in rilievo una porzione di testo isolandola dal resto, sostituire una congiunzione, elencare;

punto e virgola (;), che trova perfetta collocazione nei periodi di complessità intermedia, dove un punto rappresenterebbe una fine troppo incisiva, e la virgola una eccessivamente breve. Si rivela utile per separare (e allo stesso tempo tenere insieme) periodi definiti ma concettualmente non diversi;

due punti (:), interruzione simile al punto e virgola ma con diversa funzionalità; ha infatti finalità esplicative, quando introduce elenchi o citazioni, introduce discorsi diretti, in caso di testi narrativi;

punto esclamativo (!)/interrogativo (?), il primo conferisce al periodo una pausa declamatoria e incisiva, il secondo, lo conclude con un’intonazione di richiesta, di dubbio.

puntini di sospensione (…), un arresto morbido del discorso, per lasciarlo in sospeso e riprenderlo subito dopo;

virgolette (” ” o « »), usate per introdurre una citazione, un discorso diretto, per mettere in rilievo una parte del discorso;

lineette (- o ― ), perlopiù usate per introdurre un commento all’interno di un periodo (―), una sorta di didascalia; per evidenziare un’associazione terminologica (Es: eco-bio) o per elencazione;

parentesi ( ), usate anch’esse per introdurre un inciso all’interno di un discorso;

asterisco ( * ) si usa nei testi a stampa per indicare che la parola segnata da asterisco è spiegata in n ota oppure segnato tre volte per sostituire un nome proprio di luogo o di persona che l’autore non vuole indicare.

 

Maiuscole

La maiuscola è una regola ortografica che trova, nell’ambito del sistema linguistico, diversi contesti di applicazione: dall’obbligo grammaticale alla “forzatura” commerciale/reverenziale.

La maiuscola va usata all’inizio di un periodo, dopo punti d’interpunzione quali: punto fermo, punto esclamativo, punto interrogativo, puntini di sospensione (solo in caso di proposizione conclusa), due punti (solo in caso di introduzione del discorso diretto).

Nei nomi propri di persona (Mario), soprannomi (Riccardo Cuor di Leone), appellativi antonomastici (il Poeta – Dante), pseudonimi/nomi d’arte compresi.

Nei nomi comuni che identificano un individuo/organo ben preciso e aventi cioè valenza di nome proprio, usiamo la maiuscola reverenziale (il Profeta, l’Avvocato) mentre manterranno la minuscola nel contesto accettivo di nome comune (l’avvocato di Giulio).

 Nei nomi propri di luoghi geografici: città (Venezia, Roma), fiumi/laghi/catene montuose/eccetera (Tevere, Alpi).

 Nei nomi di punti cardinali (Nord, Est, Mezzogiorno, Settentrione) e di corpi celesti (Marte, Giove).

Mantengono la minuscola il sole, la terra, la luna, eccetto che per riferimento scientifico (il Sole è la stella madre del sistema solare/oggi il sole splende).

I nomi di cariche e istituzioni (lo Stato, il Ministero dei Trasporti), di festività (Pasqua, Natale, Capodanno), di secoli ed eventi storici (l’Ottocento, la Rivoluzione francese), di correnti letterarie/artistiche/filosofiche/ecc. (il Decadentismo, il Cristianesimo); i titoli delle opere letterarie, musicali, ecc. (la Divina commedia – preferibilmente in minuscolo la seconda parola), le sigle di associazioni (ONU, CISL) tranne quelle di nomi comuni come cd, dj, richiedono l’uso dell’iniziale maiuscola.

Con la maiuscola possiamo anche indicare termini di uso comune nella loro accezione generale e astratta, come ad esempio la Legge, la Giustizia, la Storia.

I nomi di popoli in passato richiedevano la maiuscola (gli Inglesi, i Romani) mentre ai giorni d’oggi possiamo tranquillamente ometterla, poiché non costituisce errore; è invece obbligatoria la minuscola in caso tali nomi siano utilizzati come aggettivi (il popolo francese) a meno che non si parli di denominazioni ufficiali (la Repubblica Popolare Cinese) o questi siano utilizzati come sostantivi relativamente alla connessione geografica (le industrie nel Milanese).

Elisione e troncamento nella lingua italiana

In questo paragrafo faremo una distinzione tra elisione e troncamento, due accorgimenti linguistici che intervengono sul piano fonetico della comunicazione, troppo spesso confusi o scambiati.

E’ denominata elisione la caduta della vocale finale (se non accentata) di una parola che incontra la vocale iniziale di un’altra. Questa “operazione” viene graficamente indicata con l’apposizione di un apostrofo in corrispondenza della vocale caduta.

Quando e perché vi è un’elisione?

L’incontro tra due vocali può, a livello di pronuncia e orecchiabilità, creare qualche difficoltà di lettura e risultare poco armonioso; per questo motivo, ricorriamo all’elisione e lo facciamo nei seguenti casi:

– con gli articoli determinativi lo, la e relative preposizioni articolate (l’atomo, l’arena/all’epoca);
– con l’articolo determinativo gli, solo nel caso incontri la vocale i, anche se in disuso (gl’italiani);
– con l’articolo indeterminativo una (un’altra, un’amica);
– con gli aggettivi dimostrativi quello/a, questo/a (quell’aria/quest’anno) – elisione non obbligatoria con i femminili;
– con gli aggettivi bello, santo/a (Isola di Sant’Antioco);
– con la congiunzione anche, antecedente i pronomi personali io, egli, esso/a, essi/e (anch’egli);
– con le particelle pronominali atone lo, la, mi, ti, ci, si, vi, ne (l’accompagno, c’era, s’arrestò);
– con l’avverbio e congiunzione come a cui fa seguito il verbo essere(com’era?);
– con la preposizione di (d’accordo).

Non vanno mai apostrofati:
– l’aggettivo qual/quale (qual era?);
– gli avverbi finora, sinora, tuttora.

Si chiama troncamento (o apocope), invece, l’eliminazione dell’ultima vocale atona (non accentata) o dell’ultima sillaba di una parola quando quella che incontra inizia con una consonante o, come nel caso dell’elisione, con una vocale. Se per indicare l’elisione ci serviamo dell’apostrofo, per il troncamento non usiamo alcun segno grafico.

Quando e perché vi è un troncamento?

Non dobbiamo pensare di trovarci nella medesima situazione in cui ricorriamo all’elisione, infatti, con il troncamento, avremo due parole che conserveranno intatto il proprio significato, cosa che non accade quando a troncare è l’apostrofo: una parola apostrofata non ha alcun significato, se posta da sola all’interno di una frase.

Un troncamento si ritiene obbligatorio in questi casi:

– con l’articolo indeterminativo uno (un amico) e composti quali nessuno, alcuno, ciascuno a cui seguono parole maschili che iniziano per consonante o vocale, ad eccezione di s impura, z, x, ps, gn (alcun male, ciascun bambino);
– con gli aggettivi buono, seguito da consonante o vocale (buon compagno), bello/quello davanti a parole maschili che iniziano per consonante, ad eccezione di s impura, z, x, ps, gn (bel vaso,quel caso) e, sempre antecedente parole che iniziano per consonante, l’aggettivo santo (San Patrizio);
– con sostantivi volti a identificare una professione, uno stato sociale, seguiti da un nome proprio: professore, dottore, ecc. (professor Rossi, dottor Bianchi);
– con diverse locuzioni verbali di uso comune, come aver sonno, voler partire, saper cucinare o espressioni tipiche quali in fin dei conti, man mano, mal di mare, ecc.

Si ha un troncamento vocalico (ad esempio nella parola straniera numeri hot, dove hot è senza vocale) quando la vocale troncata è atona (diversa da i, e, nelle parole plurali, e diversa da a, eccetto: ora, ormai, tuttora, orbene) e la consonante che la precede è L, M, N o R.
Si può verificare, inoltre, un troncamento sillabico davanti a una consonante.

Per concludere, vi sono eccezioni per le quali è consentito l’uso dell’apostrofo in casi di troncamento, ovvero in corrispondenza di parole come modo/mo’, poco/po’, bene/be’, dici/di’, vai/va’, ecc.

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