[Arte] La pittura vascolare

La pittura vascolare

Nero e rosso tra arte e artigianato

Di un popolo come quello greco, non ci è rimasta quasi nessuna testimonianza dell’arte pittorica. Grazie alle fonti storiche (sia quelle del tempo sia, successivamente, quelle romane), conosciamo però il nome di molti pittori famosi quali, ad esempio: Polignòto di Taso (attivo fra il 480 e il 450 a.C.) Zèusi di Eraclèa (attivo nella seconda metà del V secolo a.C.), Parràsio di Efeso (attivo nella seconda metà del V secolo a.C.), Nìcia di Atene (attivo tra il 365 e il 315 a.C.), Protògene di Cauno (attivo nel IV secolo a.C.), Apèlle di Colofóne (ca 380-300 a.C.).

Di questi artisti ci sono pervenute molte notizie e, a volte, anche le descrizioni di alcune loro opere, il che testimonia quanto essi dovessero essere noti e rinomati. Tutti erano accomunati dalla fama di essere capaci di riprodurre il vero (ritratti, animali e anche scenografi e di paesaggi) con grandissima precisione e attendibilità. Nonostante ciò i resti pittorici giunti fi no a noi non sono mai degli originali ma copie, talvolta anche molto tarde, e solitamente di non buona qualità esecutiva. La tecnica prevalente era quella della pittura su tavola di legno, preparata con un fondo liscio a base di gesso o stucco bianco detta pìnax (plurale: pìnakes, che in greco significa appunto quadro). In conclusione, comunque, nulla possiamo dire sulla pittura greca e sulle sue reali caratteristiche. Di molti dipinti, non resta che un riflesso su modeste opere ceramiche, le uniche che possono testimoniarci, anche se solo pallidamente, delle significative novità tecniche e formali introdotte dagli originali. Per farci un’idea – anche se approssimativa – della grande pittura greca occorre pertanto spostare l’attenzione sui manufatti di terracotta dipinta, dei quali, fortunatamente, ci sono invece pervenuti numerosi e significativi esempi. Si tratta principalmente di anfore, vasi, coppe, piatti e crateri che gli abili ceramisti del tempo producevano in grandissima quantità e che altri artigiani specializzati provvedevano a decorare. Contrariamente alla pittura vascolare del Periodo di formazione che, come si è detto, era di tipo quasi esclusivamente geometrico, quella sviluppatasi fra VII e VI secolo a.C. si caratterizza per la forte preponderanza di temi fi gurativi. Anche in questo campo, dunque, si trova un’ulteriore conferma della tendenza greca a privilegiare la rappresentazione della figura umana piuttosto che qualsiasi altro soggetto decorativo. In relazione alle tecniche impiegate per la decorazione ceramica si è soliti individuare due stili principali di pittura detti rispettivamente:
■ a figure nere (a partire dal VI secolo a.C.);
■ a figure rosse (dagli ultimi decenni del VI secolo a.C. in poi).
La pittura a figure nere è realizzata impiegando una particolare vernice nera che, una volta cotta, diventa lucida e si staglia con grande contrasto sullo sfondo del vaso, che conserva il caratteristico colore rosso-brunastro della terracotta naturale. I particolari e le decorazioni sono ottenuti, prima della cottura, graffendo con un sottile stilo (in legno, osso o metallo) la vernice nera, in modo da scoprire in negativo il colore rosso del fondo sottostante.
La pittura a figure rosse, invece, consiste nel procedimento inverso rispetto a quella a figure nere. Essa, infatti, si realizza dipingendo di nero l’intero sfondo del vaso e lasciando le figure del color rosso-brunastro della terracotta. La figura rossa, poi, si presta a essere maggiormente dettagliata, in quanto i lineamenti del volto, i contorni delle membra e i particolari dei panneggi o delle armi non sono più graffiti, bensì dipinti a pennello con sottilissime linee nere e rosse, consentendo suggestivi effetti di colore e disegni di straordinaria accuratezza.

Pittura a figure nere

pittura vascolare

Exechias Il maggior artista della tecnica a figure nere di cui ci siano giunte notizie è il vasaio attico Exechìas (attivo intorno alla seconda metà del VI secolo a.C.), che ha firmato, tra l’altro, un’anfora a profilo continuo con sul lato A Achille che uccide Pentesilea. L’invincibile eroe omerico viene qui rappresentato, a sinistra, mentre sta trafiggendo alla gola la bella Pentesilea, regina guerriera delle mitiche Amazzoni durante la guerra di Troia. Egli indossa sul chitone un’armatura a protezione del busto e un elmo crestato che gli copre completamente il volto. La donna, invece, costretta in ginocchio, ha il volto scoperto e, voltandosi indietro, tenta di reagire al mortale assalto brandendo con la destra una lancia contro il nemico. Pentesilea è vestita con un corto chitone parzialmente coperto da una pelle di leopardo, mentre con la sinistra impugna lo scudo e una spada le pende dalla cintola. La tecnica di realizzazione è estremamente raffinata e porta Exechias a decorare in modo fantasioso le vesti e le armature dei due contendenti, graffendo minutamente la superficie nera delle figure. Il volto della sfortunata Pentesilea, invece, così come la gamba e il braccio destri sono colorati in chiaro, al duplice scopo di caratterizzare immediatamente il personaggio femminile e di dettagliarne in modo più puntuale le fattezze. Tutta la scena risulta perfettamente equilibrata e i due personaggi si adattano così bene alla forma panciuta dell’anfora che sembrano quasi ampliarla e modellarvisi sopra, creando così un’inscindibile unità tra i soggetti rappresentati e l’anfora, supporto di tale rappresentazione.
Il corpo del vaso è cosparso di spirali calligrafiche, mentre delle scritte indicano il nome dei personaggi e quello dell’autore. Nel lato B dell’anfora sono raffigurati, invece, Dioniso (a destra), rivestito di un lungo chitone, e il figlio Oinopion. Il dio dell’ebbrezza reca nella mano sinistra dei tralci di vite e nella destra stringe un cantharos che porge al figlio. Questi, nudo, tende la sinistra verso il padre e reca nella destra un’oinochoe. Anche in questo caso le due figure sembrano vivere oltre che dei gesti, anche degli sguardi.

Pittura a figure rosse

L’armoniosa e ben studiata corrispondenza tra decorazione e oggetto decorato si precisa ulteriormente con l’introduzione della tecnica a figure rosse.
Tra i molti ceramisti attivi in Attica a cavallo fra VI e V secolo a.C. è importante ricordare soprattutto Euphrònios, che ebbe ad Atene una rinomatissima bottega fra il 520 e il 480 a.C. Nel grande cratere a calice con Il Sonno e la Morte che sollevano il corpo di Sarpedonte sotto la direzione di Hermes, modellato intorno al 515-510 a.C. dal vasaio Euxìtheos, il pittore Euphronios dispiega tutte le sue qualità disegnative e coloristiche. L’imponente apparato decorativo si articola su tre registri che percorrono l’intera circonferenza del cratere con la sola interruzione delle anse. La narrazione, posta nel registro centrale, occupa più della metà della superficie a disposizione, compresa fra due fregi geometrici di ispirazione floreale. Quello superiore presenta palmette verticali a cinque o sei foglie, inscritte in rametti sagomati a forma di cuore; quello inferiore, alto il doppio, presenta ornamenti differenti sulle due facce, comunque sempre basati sulla ripetizione di vari motivi con palmette orizzontali e verticali.

Euphronios dispiega tutte le sue qualità disegnative e coloristiche nella morte di Sarpedonte

La drammatica scena del lato principale mostra l’eroe troiano Sarpedónte, che, dopo essere stato ucciso in battaglia, viene trasportato verso un’onorevole sepoltura dal Sonno (in greco Hy`pnos) e dalla Morte (in greco Thànatos). Zeus in persona, di cui Sarpedonte era figlio, invia sul posto Hermes, affinché controlli che le esequie si svolgano nel modo migliore. Ai due lati, quasi a contenere simbolicamente la tragedia della narrazione centrale, spiccano le figure stanti dei due guerrieri troiani di guardia che, come si vede anche dalle scritte, sono Leodamànte (Leodàmas), a sinistra, e Ippolito (Hippòlytos), a destra.
La monumentale figura sanguinante di Sarpedonte, grande quasi il doppio delle altre, riempie tutta la larghezza del registro e gamba e braccio sinistri assumono, con il tronco orizzontale, una forma geometrica assimilabile a un trapezio. Il disegno di Euphronios è di una freschezza e di una nitidezza straordinarie, come si apprezza soprattutto nella realizzazione dei panneggi e delle ali di Sonno e Morte, le cui singole piume sono decorate con minuscoli occhi, come quelle del pavone. Vario e raffinato è anche l’uso dei colori che, pur limitandosi sempre al rosso e al nero, presentano varie diluizioni, come nei capelli brunastri di Sarpedonte e della Morte, o sul panneggio rossiccio del chitone di Hermes.

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