Esame 3^ Media – Compito di italiano

Ciao a tutti, quest’anno il giorno 11/06/2012 iniziano gli esami e la prima prova è quella di italiano.

Di seguito riporto la sintesi di un articolo pubblicato dal Corriere della Sera qualche tempo fa che illustra alcune regolette da osservare per impostare un buon tema. E ricordatevi che si può scrivere bene solamente se si legge bene (quindi leggete, i libri sono cibo per la mente).

Inoltre in fondo all’articolo riporto quali sono gli errori di italiano più comuni da evitare.

Spero che possano esservi utili. In bocca al lupo a tutti per gli esami.

Articolo Corriere della Sera

regola n. 1. La scelta.
Prima di decidere quale tema affrontare leggete attentamente tutte le tracce e procedete per esclusione. Leggete attentamente un titolo. Pensate quindi alle vostre conoscenze in materia. Provate a stendere una scaletta su quello che avete da dire sull’argomento e sulle conclusioni a cui volete arrivare. Poi passate al seguente. Stessa trafila e così via. Alla fine di questo rapido lavoro eliminate le tracce di cui non sapete niente o su cui vi siete trovati più in difficoltà. Quella che resta in piedi è il tema che vi offre maggiori garanzie di successo. A parità di “punteggio” eliminate sempre la traccia più pretenziosa a favore di quella più umile. E non crediate che questa prima regola, che potremmo chiamare “la scelta”, sia una perdita di tempo.

regola n. 2. La scaletta.
Prima di affrontare la stesura definitiva della brutta copia, preparatevi una scaletta. La scrittura — come tutte le cose, ci ricorda Sant’Agostino — ha un «cominciamento», cioè un inizio, un mezzo e un fine. Annotatevi la vostra scaletta fissando prima i punti che volete trattare e poi numerandoli secondo l’ordine che volete dar loro sul foglio.

A questo punto siete pronti per partire.

regola n. 3. L’attacco.
Un buon attacco predispone alla lettura, così come una conclusione “azzeccata” lascia un buon ricordo. Dedicate alle prime e alle ultime righe tutto il tempo che vi richiedono. Ma non fatevi bloccare dalla suggestione della pagina bianca. Conviene comunque partire, anche se l’attacco non vi convince del tutto. Nella seconda stesura, “la bella”, potete tornarci sopra limandolo, migliorandolo,addirittura sostituendolo con qualcosa che avete scritto più avanti nel tema e che magari alla rilettura vi accorgete adatto a cominciare, come una pennellata d’artista, il vostro componimento.

regola n. 4. Parole semplici.
Mentre scrivete sul foglio i vostri pensieri abbiate cura di scegliere parole semplici e comunque sempre termini di cui conoscete a fondo il significato. Non c’è peggiore leggerezza che utilizzare un termine raro, aulico o ricercato in una accezione che non è esattamente la sua.

regola n. 5. Gli aggettivi.
Gli aggettivi sono una bestia nera. Il fatto stesso che a un sostantivo se ne possano abbinare un numero praticamente infinito crea sempre un certo imbarazzo. La cosa migliore è eliminarli quando non servono. Per accorgervi se un aggettivo ci sta o non ci sta, è sufficiente che vi poniate la domanda: aggiunge qualcosa a quello che devo dire? Se la risposta è no, eliminatelo senza indugio. Se la risposta è sì, ponetevi una seconda domanda: è questo l’aggettivo più appropriato per esprimere la qualità che voglio indicare? Se sì siete a cavallo, altrimenti scorrete nella vostra testa — o meglio nel vocabolario o nel dizionario dei sinonimi che vi dovete assolutamente portare dietro — tutte le altre combinazioni possibili che vi vengono in mente. Lo stesso vale per l’uso di più aggettivi. Se usate più aggettivi per indicare la qualità di un sostantivo è necessario che ogni aggettivo esprima una sfumatura diversa. Altrimenti darete l’idea di usarne due o tre semplicemente perché non sapete quale scegliere fra più aggettivi che vi appaiono concorrenti.

regola n. 6. Appunti in brutta.
Mentre scrivete vi possono venire in mente altre idee. Non fidatevi della memoria ma scrivetele subito su un foglio accanto.

Regola n.7. Verbi e tempi.
Scegliete un tempo di narrazione e mantenetelo fino alla fine. Se collocate l’azione o il vostro racconto in un certo spazio temporale, sia esso presente, passato o futuro, dovete armonizzare tutti i verbi a quel tempo. Dedicate una rilettura solo a questa operazione, come facciamo anche noi.

Ricordate ancora due regolette: lo svolgimento di un tema non è un fatto di lunghezza. Quando pensate di aver esaurito quello che avete da dire in materia, non cercate di allungare inutilmente il brodo. Anche la pazienza degli esaminatori ha un limite e non deve essere piacevole per loro essere portati inutilmente in giro dai vostri pensieri. Breve è bello se c’è tutto, e questa potrebbe essere la regola n. 8.

Chiudiamo con la regola n. 9: la rilettura.
Rileggete attentamente il vostro tema. Spesso, quando si crede di aver finito di scrivere qualcosa, si è solo all’inizio. Provate a pensare a cose che avete scritto e riletto dopo qualche tempo: quante cose avreste voluto cambiare! Purtroppo, o per fortuna, una volta consegnato il compito non si può tornare indietro. Prima di abbandonarlo nelle mani dei vostri professori, dunque, rileggetelo attentamente. E’ nella fase di rilettura che, anche con pochi semplici accorgimenti, si possono ottenere risultati insperati con una percentuale di miglioramento che sfiora anche il cento per cento.

 

Gli errori più comuni d’italiano

Da o dà?

Da o ? Dipende dai casi!
Si accenta quando è inteso come voce del verbo dare.
Esempio: Mi dà il benvenuto

Non si accenta invece quando è usato come proposizione semplice
Esempio: Sono appena tornato da Londra

Vuole l’apostrofo invece nel caso in cui si utilizzi come imperativo alla seconda persona singolare
Esempio: Da’ un aiuto nel trasloco per favore

E o ed? A o ad?

L’aggiunta della D eufonica (dal greco, significa bel suono) si aggiunge solo nel caso in cui la parola che segue cominci con la stessa vocale.
Esempio: Vado ad Amburgo
Era felice ed entusiasta

Si o sì?

In caso di particella affermativa, va sempre accentato, mentre in tutti gli altri casi no.

Esempio: Sì, vengo con te
Si stanno facendo belle

Desse o dasse? Stesse o stasse?

Che problema i congiuntivi, specie quelli imperfetti!
Uno degli errori più comuni si ha con i verbi dare e stare. Le forme corrette per la terza persona singolare del congiuntivo imperfetto sono:

Che egli stesse e NON stasse
Che egli desse e NON dasse

Fa o fà?

Verbo fare, indicativo, terza persona singolare: si usa fa o ?
La forma corretta è senza accento, quindi fa

Esempio: Questo non fa male

L’apostrofo

Quando si apostrofa una parola? La regoletta è semplicissima: si apostrofano tutte le parole al femminile, mentre non necessitano di apostrofo quelle maschili.

Esempio:

un amico  e NON un’amico

un’amica  e NON un amica

un altro e NON un’altro

un’altra e NON un altra

Per cui o percui?

Vi sono molte parole il cui dubbio consiste nella scrittura attaccata o meno; una di queste riguarda per cui o percui.
La forma giusta è per cui

Affianco o a fianco?

Un altro dubbio atroce riguarda l’utilizzo di a fianco o affianco per dire “a lato di“.
Affianco è in realtà la prima persona singolare del presente indicativo del verbo affiancare.
Quindi per dire “a lato di” la forma corretta è a fianco

Entusiasto o entusiasta?

Anche se ci si riferisce a un soggetto maschile, la forma corretta di quest’aggettivo è entusiasta. Questo vale solo quando si parla al singolare perchè invece quando ci si riferisce a più soggetti si distingue nuovamente tra maschile e femminile.
Quindi si avrà entusiasti per il maschile e entusiaste per il femminile, mentre la forma entusiasto è assolutamente incorretta.

Accellerare o accelerare?

Che crucio le doppie!!!
Una delle parole che più spesso viene scritta in forma errata è accellerare o accelerare. Questo verbo non vuole assolutamente la doppia L!
Ergo la forma giusta è accelerare

Qual è o qual’è?

Questo è forse l’errore più diffuso, anche tra persone con un bagaglio culturale universitario.
Leggete qui e fissatevelo bene in mente: qual’è è sbagliato!!!!!!
Il motivo? Qual è è un’apocope vocalica e non un’elisione; lo stesso fenomeno infatti si può verificare anche davanti a una consonante (es. qual buon vento ti porta?).
Allo stesso modo di qual è agiscono anche buon (es. buon uomo e non buon’uomo), pover, tal.

Superlativo assoluto di celebre?

Celeberrimo e non celebrissimo!

Meteorologia o metereologia?

Poichè questa parola viene da meteora, la forma corretta è meteorologia

Un po, un po’ o un pò?

Altro dubbio diffusissimo: si scrive un po, un pò o un po’  ?
La forma corretta è un po’ ; il motivo è molto semplice: si tratta di un troncamento della parola poco, di conseguenza l’apostrofo va messo per mettere in evidenza che in quel punto c’è stata una caduta di una sillaba.
Assolutamente vietato quindi mettere accenti o scriverlo senza apostrofo!

È piovuto o ha piovuto?

In questo caso entrambe le forme sono corrette. Questo vale se per piovere si intende proprio la caduta della pioggia dal cielo.
In tutti gli altri casi, ad esempio quando si vuole dire piovere critiche, si deve utilizzare il verbo essere, ergo sono piovute critiche

Se stesso o sè stesso?

Quando il se è retto da stesso, l’accento non è necessario, quindi si scrive se stesso.
Quando invece troviamo solo il se in posizione non ipotetica, bisogna mettere l’accento.

Esempio: Viene da sè
Se fosse stato
Essere se stesso

C o Q?

Ecco un elenco di parole che si scrivono con la C ma per le quali spesso ci si confonde e si usa la Q:

Evacuare e NON evaquare
Proficuo e NON profiquo
Scuotere e NON squotere
Riscuotere e NON risquotere
Promiscuo e NON promisquo
Scuola e NON squola
Innocuo e NON innoquo

Ne o né?

L’accento su si utilizza quando questo vuole essere utilizzato come negazione.
Esempio: non si può né fotografare né filmare

Nel caso in cui non sia presente la negazione, ne deve essere utilizzato senza accento
Esempio: Te ne vai?

D’accordo e daccordo?

D’accordo è una locuzione che deriva da due elementi, “da accordo”: deve dunque mostrare sia l’apostrofo che l’elisione. Si scrive dunque d’accordo, mentredaccordo tutto attaccato è sbagliato, anche se ad essere sinceri nel DOP (Dizionario d’Ortografia e Pronunzia) la si ritrova segnalata anche come forma arcaica, praticamente in disuso. Il significato di questa parola è “conformità di opinioni” e il suo più importante sinonimo è “armonia”.

Tuttora o tutt’ora?

Si scrive “tuttora” o “tutt’ora”? Le incertezze sono tante, ma la forma corretta, oggigiorno, è una e sola: molti sono sicuri del fatto che anche “tutt’ora” sia accettabile, ma non lo è affatto, e non perché nei documenti del passato non sia registrata: il punto è che la lingua italiana, come qualsiasi altra lingua del mondo, non è morta, ed quindi è soggetta a numerosi cambiamenti.

Uno di questi ha coinvolto espressioni come “tutt’ora”, che oggi appaiono fortemente in disuso: è decisamente preferibile utilizzare la forma univerbata, quindi “tuttora“. Se siete indecisi, insomma, sappiate che “tuttora” va scritto senza utilizzare l’apostrofo. (a consigliarlo, tra l’altro, sono molti dei vocabolari online, e non solo, che considerano la forma non univerbata ormai rarissima).

Parole o espressioni che devono essere scritte sempre separate:

a fianco
a posto
a proposito
al di là
al di sopra, al disopra
al di sotto, al disotto
all’incirca
d’accordo
d’altronde
in quanto
l’altr’anno
per cui
poc’anzi
quant’altro
senz’altro
tra l’altro
tutt’altro
tutt’e due
tutt’oggi
tutt’uno

Tra queste però alcune sono registrate nel DOP anche in forma unita, sempre con la notazione di “forme rare” o comunque meno comuni delle corrispondenti in forma separata:

affianco è registrato con rimando alla forma separata
daccordo è indicata come forma meno comune
daltronde è indicata come forma meno comune
pocanzi è indicata come forma meno comune
senzaltro,tuttaltro e tuttoggi sono indicate come forme rare

Parole o espressioni che nell’italiano contemporaneo sono scritte unite

abbastanza
affatto
allora
allorché
almeno
altrimenti
ancorché
apposta
appunto
benché
bensì
chissà
davanti
davvero
dinanzi, dinnanzi
dopodomani
dovunque
ebbene
eppure
fabbisogno
finché
finora
giacché
infatti
inoltre
invano
invero
laggiù
malgrado
neanche
nemmeno
neppure
nonché
oppure
ossia
ovvero
ovverosia
perciò
perfino
pertanto
piuttosto
poiché
pressappoco
purtroppo
quaggiù
qualcosa
qualora
quassù
sebbene
seppure
sicché
siccome
sissignore
soprattutto
sottosopra
talmente
talora
talvolta
tuttavia
tuttora

Ci sono poi parole o espressioni che ricorrono e possono essere scritte sia unite sia separate: in alcuni casi, segnalati tra parentesi, una delle due forme è registrata come meno comune, rara o antiquata.

Forme unite: Forme separate:
anzitempo anzi tempo
anzitutto (mai anzittutto) anzi tutto (meno comune)
casomai (meno comune) caso mai
cionnonostante (meno comune)/ciononostante (meno bene) ciò nonostante/ciò non ostante
controvoglia contro voglia
cosicché così che
dappertutto (da evitare dapertutto) da per tutto
dappoco da poco (meno comune)
dappresso da presso
dapprima (mai d’apprima) da prima (meno comune)
dapprincipio (meno comune) da principio
difronte (meno comune) di fronte
disotto (meno comune), mai dissotto di sotto
dopotutto dopo tutto
manodopera mano d’opera
nondimeno non di meno
nonostante non ostante (meno comune)
oltremisura (meno comune) oltre misura (antiquato oltra misura)
oltremodo oltre modo (meno comune, antiquato oltra misura)
peraltro per altro
perlomeno per lo meno
perlopiù (mai perloppiù) per lo più
quantomeno (meno comune) quanto meno
quantopiù quanto più
sennò (registro familiare) se no
suppergiù su per giù
tantomeno (raro) tanto meno
tantopiù (raro, mai tantoppiù) tanto più
tuttalpiù (raro) tutt’al più (mai tutt’alpiù)

Aggiungiamo infine il caso della forma esclamativa vabbè (così registrata nel DOP), contrazione di va bene, caratteristica di contesti informali.

Fonte: Accademia della crusca

Per approfondimenti su principali regole, dubbi ed errori più comuni cliccare su questo link.

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